mercoledì 12 dicembre 2012

Italiani: poveri, pazzi e senza figli


Inverno demografico e crisi economica
diClaudio Risè

L’Europa, con l’Italia in buona posizione, ha in questi anni tre primati che fanno pensare: il maggior sviluppo di patologie psichiatriche; la crisi economica più persistente; il tasso di natalità più basso nel mondo, solo 1,47 figli per donna. Per avere una popolazione almeno stabile ne occorrerebbero 2,1.
Che ci sia un nesso tra questi tre primati? Se ne parla poco, ma è molto probabile. I rapporti fra sviluppo economico e demografico, e tra invecchiamento e demenza, sono noti.

Chi lavora con l’inconscio sa che la comparsa dei bambini nei sogni annuncia sempre l’arrivo di nuove energie, la possibilità di reagire alle spinte depressive, a stanchezze e pessimismo. Il perché non è poi difficile da capire: il bambino significa nuova vita, nuova forza vitale, e così è visto in tutte le culture.
In quella cristiana dove l’arrivo del bambino Gesù, attorno al solstizio d’inverno (fra poco), segna l’inizio nascosto del rinnovamento. Ma anche, ad esempio, nella cultura Maya (se ne parla oggi a proposito delle sue previsioni di “fine del mondo”), che nel momento del suo fulgore adorava un dio fanciullo e buono, Xochipilli, sostituito poi con una figura tenebrosa e crudele. Cominciarono allora a moltiplicarsi i sacrifici di bambini al dio Sole, e quella civiltà si avviò alla decadenza e alla scomparsa.
Insomma la posizione di una persona o di un gruppo verso la riproduzione e i bambini segnala efficacemente il suo sentimento verso la speranza nel futuro, e la sua disponibilità al rinnovamento: personale, culturale, sociale. Riflette anche la sua propensione alla sessualità.
Tutte le statistiche, anche cliniche, mostrano infatti che nelle società con pochi bambini si finisce anche col fare meno l’amore, e si moltiplicano i problemi sessuali. Come se separare riproduzione e sessualità col tempo rendesse quest’ultima meno interessante, e ne indebolisse la salute e lo slancio.
Minor ottimismo, minor piacere e poca speranza, tendono poi ad indebolire e mettere in crisi anche lo sviluppo economico.
Una popolazione anziana ha meno “nuove idee” (e voglia di crederci, e realizzarle), di una giovane. E l’Europa è l’unica area del nostro mondo globale nella quale gli anziani (il 16, 4% ha più di sessantaquattro anni), sono più numerosi dei bambini.
In Italia è dal 1994 che ogni anno i morti sono di più dei nati, ed oggi il 15% del Pil è destinato ai pensionati (il 22% della popolazione).
Oltre al calo di produttività, inoltre, la riduzione della popolazione giovanile diminuisce la possibilità di mantenere le pensioni alla popolazione anziana, e di finanziarne l’assistenza medica, particolarmente costosa per la diffusione dei disturbi psichiatrici della vecchiaia.
I governi aumentano allora le tasse, ma ciò rende più complicato per i pochi giovani costituire una famiglia e mantenere i figli. Si finisce così col promuovere un modo di pensare ostile alla riproduzione e ai bambini, come dimostrano le associazioni e gruppi tedeschi “childfree” (liberi da figli), del resto presenti anche in Italia, specie nelle regioni del nord.
Il giornale inglese Economist, basandosi su queste tendenze, ha calcolato che anche in Germania il tasso di sviluppo economico scenderà al di sotto dell’1 per cento.
L’“inverno demografico” europeo genera nuova crisi economica, ma non sembra causato dalla crisi. In Italia, ad esempio, in testa alle nascite c’è Napoli con tutta la sua disoccupazione, mentre la ricca Milano ha uno dei tassi di natalità più bassi tra le città del mondo.
Spinta vitale e ricchezza non sono la stessa cosa, ma senza la prima la seconda si esaurisce.


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