venerdì 28 settembre 2012

Lo “sporco lavoro” della moneta unica


TEMPO DI DIVISIONI 

L’UE dall’integrazione paritaria alla complementarità subalterna: lo “sporco lavoro” della moneta unica e il ruolo dei “tecnici”

Sotto i colpi della globalizzazione e dei competitori manifatturieri emergenti, a massimo sfruttamento di lavoratori ed ambiente, l’insieme dei paesi industrializzati si è diviso in due gruppi che sia allontanano sempre più, sviluppando interessi diversi e contrastanti tra loro; ciò avviene anche entro l’UE ed entro l’Eurozona, per effetto dell’Euro come sistema di cambi fissi generante crescenti squilibri commerciali tra i due gruppi, debitori e creditori: 


Gruppo A: Germania, Olanda, Lussemburgo, Austria, Scandinavia, Svizzera: questi paesi mantengono o ampliano le quote di mercato e realizzano attivi delle bilance commerciali attraverso la competizione in tecnologia e qualità, la ricerca e l’innovazione, i forti investimenti pubblici, spesi bene, in capitale sociale: scuola, welfare, sicurezza, ambiente; i salari sono elevati; gli interessi moderati;  popolazione e imprenditoria sviluppano un’alta progettualità.

Gruppo B: PIIGS, USA, Regno Unito: questi paesi lottano per mantenere quote di mercato attraverso la competizione sui costi di produzione, tagliando salari, welfare, investimenti pubblici e privati, accumulando disavanzi commerciali e indebitamento, quindi esponendosi agli attacchi speculativi sui debiti pubblici, e dovendo difendersi con inasprimenti fiscali che deprimono ulteriormente consumi e investimenti, nonché le aspettative della popolazione e degli imprenditori.

USA e Regno Unito reggono meglio, avendo conservato una forma di sovranità nazionale sulla moneta, così che l’acquisto del loro debito pubblico è sempre assicurato e ciò tiene bassi i tassi e scoraggia la speculazione ribassista. Gli USA hanno, in aggiunta, due atout: la predominanza militare mondiale e il signoraggio globale (comperano risorse stampando Dollari). Nondimeno, in USA e Regno Unito aumentano povertà e diseguaglianze, al contrario che nei paesi del gruppo A.

Quindi è falso che lo Stato sociale europeo sia finito: anzi, esso è vincente rispetto al modello neoliberista angloamericano, ma a condizione che la spesa pubblica sia fatta efficacemente sia in quanto a obiettivi che in quanto a esecuzione, come avviene in Germania; e che la pressione fiscale non superi il 40% (studi empirici). E’ finito dove la spesa pubblica è fatta in modo inefficiente, clientelare e parassitario, e la pressione fiscale è al 60%, come in Italia.

La divisione tra Gruppo A e Gruppo B è la divisione dell’UE. I paesi A accumulano crediti verso i paesi B; attirano i loro capitali, gli imprenditori, i tecnici di punta; si prendono loro quote di mercato. Come detentori delle risorse finanziarie, hanno l’iniziativa e sono determinanti entro le istituzioni e per le politiche comunitarie. Sono in posizione di controllo rispetto alla BCE, mentre i paesi B sono sottomessi. Perseguono i propri interessi di creditori, non l’integrazione.

La BCE interviene nell’interesse dei paesi A, quando il deflusso di risorse da B ad A diviene tanto veloce, che i mercati, prevedendo l’uscita dei paesi B, li shortano, onde il trasferimento potrebbe interrompersi a seguito di una uscita dall’Eurosistema o di una ribellione dei paesi che subiscono il trasferimento, o all’interno di essi (populismo). L’informazione viene data in modo allarmante, colpevolizzante (cicale), e solo sugli aspetti finanziari, contabili: tassi, spread, deficit.

Gli interventi di “aiuto” sono sempre sui sintomi (spread) e mai sulle cause, ossia sugli effetti del blocco dei cambi tra paesi a diversi livelli di produttività, sullo spread del costo del denaro, dell’energia, del fisco, della p.a., sui conseguenti declino economico e squilibri commerciali, sui possibili rimedi (clearing union, tassazione comunitaria degli avanzi commerciali, trasformazione della BCE in una vera banca centrale, che assicuri l’acquisto dei titoli del debito pubblico). 

Si  costruisce così una complementarità subalterna tra paesi A e paesi B, nel senso che i paesi A hanno i capitali, i crediti e decidono le policies per tutti, e i paesi B pagano interessi, svolgono la fase povera dei cicli di produzione dei paesi A, per beni di pregio destinati ai mercati che possono e potranno assorbirli (BRICS). Quindi i paesi B avranno salari bassi, bassi standard sociali, scolastici, assistenziali, sanitari, di sicurezza. Ospiteranno gli impianti a maggiore impatto ambientale.

Causa di ciò è la combinazione tra il fatto che i paesi dell’Eurozona hanno diversi tassi di produttività e il fatto che l’Euro blocca gli aggiustamenti dei cambi; quindi i paesi più efficienti accumulano crediti verso quelli meno efficienti, divenendo così ancora più efficienti e potenti rispetto ad essi, fino a riorganizzare anche istituzionalmente l’Eurozona secondo una gerarchia, dove essi comandano e commissariano, mentre gli altri obbediscono e pagano gli interessi.

Se non vi fosse il blocco dei cambi, lo squilibrio commerciale si bilancerebbe con la svalutazione della divisa dei paesi commercialmente in passivo, che spingerebbe le loro esportazioni e ridurrebbe le importazione, consentendo ai paesi B di non indebitarsi e non deprimersi rispetto ai paesi A, fino a che questi si possono “comperare” i paesi B coi crediti accumulati verso di essi e coi capitali ricevuti da essi, e che l’unica via di riequilibrio sia la svendita dei beni nazionali.

Molti sognavano che il socialista Hollande imponesse a Berlino di cambiare rotta, di fare più spesa pubblica, di spendere nei paesi deboli, di sostenere solidalmente le loro economie e di riformare la BCE. Invece Hollande si è alleato con Berlino per beneficare di una posizione favorita entro la nuova gerarchia europea, di conquista e lottizzazione degli eurodeboli. Il governo italiano ha fatto il resto, accelerando e rendendo irreversibile la recessione e la deindustrializzazione del paese.

Monti proclama l’avvenuto risanamento dell’Italia grazie alle sue manovre. Ma queste, oltre agli effetti recessivi, hanno distrutto aspettative e progettualità di famiglie e imprese, hanno spinto verso l’estero capitali e imprese e lavoratori qualificati, hanno sottomesso, anche formalmente, l’Italia alla Germania. I suoi tagli lineari hanno rispettato la grande spesa parassitaria senza la quale i partiti non lo voterebbero. Quindi la produttività del paese va peggiorando, e il futuro si è chiuso.

Gli interventi della BCE che acquista titoli del debito pubblico italiano per calmierare i tassi non aiutano l’Italia, perché in effetti finanziano e sostengono il suo sistema politico, il suo governo, con tutte le sue inefficienze, clientele, corruzioni, consentendogli di non riformare e risanare il paese, di non renderlo competitivo, di sottrarlo al take-over tedesco. L’annunciato Monti-Napolitiano bis è assicurazione che l’Italia continuerà ad essere diretta verso la suddetta complementarità subalterna.

Cambiare le cose ed elevare l’efficienza del sistema è impossibile perché la politica italiana, per consuetudine e mentalità, è parassitaria e clientelare, nonché disinteressata all’efficienza; nei partiti, nei sindacati, nella burocrazia si fa carriera in quella prassi; altre mentalità vengono stoppate e non emergono; la partitocrazia controlla bene anche i meccanismi elettorali. I fatti degli scandali confermano che la partitocrazia prospera e festeggia coi soldi delle tasse mentre il paese affonda.

Questa classe dirigente non lascia emergere alternative, non molla la poltrona, quindi potrebbe essere sostituita solo con una Rivoluzione  Francese, eliminandola fisicamente. Ma un popolo di pecore anarchiche non lo farà mai, e se lo facesse non servirebbe, perché quella classe dirigente è espressione della mentalità prevalente nel paese in fatto di politica e potere, per la quale l’elettore-sostenitore sostiene il politico perché questo spartisca poi con lui le risorse pubbliche.

Inoltre in Italia non vi è fiducia sociale, ossia aspettativa che gli altri, soggetti pubblici o privati, rispettino le regole; quindi si cerca, per sopravvivere, di fregare più di quanto si sia fregati. A ragione, si diffida di ogni promessa di politica, istituzioni, padronato. Per contro, la Germania è risorta dalla crisi degli anni ’90 proprio grazie all’alta fiducia sociale e nei progetti, tra Stato, sindacati,  padronato, maestranze. La fiducia sociale non si può imporre né decretare.

La fiducia sociale sussiste entro società che condividono valori, consuetudini, mentalità, soprattutto in fatto di lavoro e di rispetto delle regole. Lo Stato italiano racchiude popolazioni estremamente diversificate, da questo punto di vista, e una classe dirigente oscena. Perciò non può esistere, in esso, fiducia sociale. Esso potrà essere disciplinato solo dall’esterno, attraverso il potere economico-finanziario, il che pare l’obiettivo della Germania, con la sua nuova gerarchia europea.

L’alternativa sarebbe l’indipendenza delle aree abbastanza omogenee da poter avere fiducia sociale, come il Lombardo-Veneto.  Ma ciò è contro gli interessi sia della Germania, che della classe dirigente parassitaria interna, che prospera e sopravvive sui trasferimenti da Nord a Roma e Sud. Escluse indipendenza e rivoluzione, resta la terza via, come suggerito da un mio libro del 2008, in cui previdi quanto ora avviene: Basta Italia: Secessione, Rivoluzione o Emigrazione?

Il male sinora descritto non è ovviamente il solo. La contrapposizione tra creditori e debitori esiste anche a livello mondiale, e si traduce in squilibri delle bilance dei pagamenti, tensioni sul Dollaro come valuta di riserva, interventi anche militari per sostenerlo, distorsioni economiche. E’ un meccanismo che aumenta costantemente la carica esplosiva e spinge il mondo verso un riassetto traumatico in tempi non lunghi.

A un livello più generale vi è il problema del debito infinitamente e inarrestabilmente crescente. Il totale del debito nel mondo è circa 4 milioni di miliardi, e richiede – per non implodere in un global meltdown della finanza – il pagamento di interessi per 400.000 miliardi l’anno. Essendo il prodotto lordo globale circa 74.000 miliardi, è ovvio che quell’interesse viene pagato contraendo nuovo debito, in un grande schema Ponzi, che, anch’esso, non potrà reggere molto.

Queste distorsioni non sono accidentali ma frutto e strumento dell’oggi prevalente business finanziario, legato alla gestione cartellistica del credito, della moneta, dei mercati finanziari, del rating. Non è possibile una correzione legislativa di tale sistema, perché la dozzina di soggetti componenti il cartello condiziona o guida direttamente la legislazione, come dimostrato dalle diverse riforme pro-speculazione e pro-bolla varate negli USA per arrivare alla presente crisi.

28.09.12  Marco Della Luna

Nessun commento:

Posta un commento