giovedì 20 settembre 2012

L'europa implementa il capitalismo del disastro

www.resistenze.org - osservatorio - europa - politica e società - 19-09-12 - n. 421
da www.lamanchaobrera.es/?p=18123
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
Europei, benvenuti nel terzo mondo!
www.diario-octubre.com
18/09/2012
La crisi dell'Unione europea è tale che si può arrivare a porre fine a questo esperimento d'integrazione neoliberale e capitalista e arrestare di conseguenza l'euro, il suo emblematico simbolo monetario. La realizzazione delle Olimpiadi, con tutto ciò che comporta come sprechi, opulenza e culto del consumismo e la mercificazione del corpo, ha permesso di distogliere l'attenzione, per due brevi settimane, dalla crisi europea, ma non è riuscita a fermarla, come è evidente. Di solito, questa crisi è spesso analizzata nell'ambito finanziario, ma poco vengono sottolineati i suoi effetti sociali e la situazione dei lavoratori.
1. Cicli neoliberali
Un termine appropriato per analizzare la crisi attuale è il ciclo neoliberista. Tale denominazione mira a segnalare che, fin dalla sua prima attuazione in Cile nel 1973 fino ad oggi, sono state imposte politiche neoliberali di aggiustamento strutturale in tutto il mondo in successione, dall'America Latina, in Africa, all'Europa orientale, in parte dell'Asia , fino a giungere oggi nel cuore dell'Europa. Che cosa succede oggi nel vecchio continente può essere interpretato come l'ultimo ciclo neoliberista, in cui alla lettera vengono applicati gli adeguamenti e si implementa il capitalismo del disastro, che il resto del mondo ha sperimentato negli ultimi 30 anni.
Questo di per sé non è sorprendente, perché il neoliberismo è diventata la logica dominante del capitalismo contemporaneo. La cosa sorprendente è che la maggior parte degli europei, compresi i sindacati, i partiti di una sinistra sempre più light, la socialdemocrazia e gli intellettuali, hanno creduto che l'Europa era una fortezza di benessere, inespugnabile dal capitalismo selvaggio dei nostri giorni, e che si poteva proseguire mantenendo, nel bel mezzo delle politiche neoliberali, le conquiste sociali dell'epoca dello Stato Sociale. Ciò si è dimostrata essere una vana delusione, che è crollata fortemente, ricordandoci che "tutto ciò che vi era di stabilito e di rispondente ai vari ordini sociali si svapora", la celebre massima del Manifesto Comunista.
Dopo la caduta del muro di Berlino (1989) e la dissoluzione dell'Unione Sovietica (1991), il capitalismo ha imposto la fallace idea che, eliminato l'orso comunista, si poteva effettuare, senza nessun nemico in vista, l'integrazione del mercato europeo e che, inoltre, ciò equivaleva a estendere lo Stato Sociale in tutti i paesi che si integravano all'Unione, compresi quelli che facevano parte del Patto di Varsavia e della sfera d' influenza dell'ex Unione Sovietica. E' chiaro che era una bugia, che è stata assunta in Europa perfino dai lavoratori, dai sindacati e da quel poco che è rimasto della sinistra, la quale nella sua gran maggioranza ha abiurato qualsiasi progetto anticapitalista per abbracciare incondizionatamente e spudoratamente il capitalismo realmente esistente, la cui crescita si è basata, come sempre, sullo sfruttamento di esseri umani nei sobborghi vecchi e nuovi.
La cosa terribile è che l'effimera prosperità dell'Unione Europea degli sprechi e dell'opulenza, che non è durata neanche 20 anni, nonostante la promessa che sarebbe stata eterna, si basa sullo sfruttamento dei lavoratori in tutto il mondo periferico, a partire dalla Cina, e sul saccheggio dei beni comuni (risorse naturali, minerali, biodiversità), a sud e ad est del pianeta. Il comfort di cui gode una parte sempre più ridotta della popolazione europea è possibile per l'esproprio a cui viene sottoposta un'altra parte del mondo, ma anche questo si è esaurito e ora lo sfruttamento intensivo degli esseri umani si trova in casa, vale a dire nell'Europa stessa.
2. Lo sfruttamento intensivo dei lavoratori europei
Si rende sempre più evidente che l'obiettivo finale dell'Unione Europea fin dall'inizio è stato quello di addomesticare i lavoratori con un consumo appariscente e la mercificazione generalizzata, per attuare su vasta scala la flessibilità del lavoro. In altre parole, ciò che veniva chiesto era di imporre condizioni di lavoro che caratterizzano il capitalismo maquileros, dove non esistono limiti, né sociali né politici, per il super-sfruttamento dei lavoratori. Naturalmente, ciò non si è imposto da un giorno all'altro, né è stato simmetrico in tutti i territori che ora fanno parte dell'Unione europea, perché in alcuni di essi, in particolare quelli dell'Europa orientale, ciò è avvenuto dopo il 1989. In altri paesi, come la Francia e l'Italia, si è preparato il terreno nella direzione della riduzione dei costi del lavoro, attraverso l'eliminazione progressiva delle conquiste sociali legate ai salari, alla sicurezza sociale e alle pensioni.
Quello che sta accadendo adesso è di un'altra dimensione, perché la crisi del capitalismo ha creato le condizioni per l'imposizione una volta per tutte dell'adeguamento strutturale, al fine di "normalizzare" l'Europa, ciò significa l'imposizione antidemocratica e brutale della flessibilizzazione del lavoro e di tutto ciò che l'accompagna in termini di privatizzazione e di commercializzazione. Non è nient'altro, ciò che sta accadendo in Grecia, Spagna, Italia, Irlanda ed in avvenire in Francia e in altri paesi. Perché, al di là di tutto, la crisi del capitalismo e del settore finanziario la stanno pagando i lavoratori, che così stanno perdendo anche quel poco che gli rimaneva dell' amato Stato Sociale, dove questo era esistito.
Ciò si mostra con la riduzione della classe media, l'aumento della disoccupazione, della precarietà del lavoro, l'aumento dei suicidi, l'aumento dell'età pensionabile, la riduzione della sicurezza sociale, la mercificazione dell'istruzione, attraverso il Piano Bologna, la persecuzione degli immigrati e l'esodo di massa dei giovani che fanno parte di una nuova generazione di emigrati nel mondo attuale.
In termini lavorativi e sociali, in Europa sta morendo ciò che restava dello Stato Sociale e si è frantumato la pretesa socialdemocratica che fosse possibile, dopo il crollo dell'URSS, costruire un capitalismo dal "volto umano". Il vero volto del capitalismo, con la sua miseria, ingiustizia, disuguaglianza, basato sullo sfruttamento intensivo dei lavoratori, si è mostrato in forma brutale in Europa. Pertanto, suggeriamo che negli aeroporti di Parigi, Francoforte, Roma, Londra e altre città della "civile" Europa, invece di cartelloni in cui si esaltano le virtù magiche della sua cultura e della sua moneta comune, l'Euro, si collochi adesso al loro posto un più realistico avviso in cui si dice: "Europei, benvenuti nel Terzo Mondo"

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