giovedì 10 maggio 2012

Aste titoli: come "bara" la Germania


Aste per tutti i gusti

dal blog goofynomics

(Perdonatemi: non ho resistito. E cita Proust, e cita Gadda, e cita Manzoni, e cita Rilke, e cita Diogene Laerzio... alla fine ho dovuto citare Ezio Greggio).

Sapete che mi piace provocare i miei lettori. Nell'ultimo post li rimproveravo affettuosamente di aver lasciato passare sotto silenzio il downgrade della Spagna. Qualcuno mi ha detto: "ma veramente io lo avevo sottolineato" (è vero), qualcuno ha detto: "ma tanto che c'è da commentare: sta andando tutto come previsto" (è vero). Era solo una provocazione.

Viceversa, non so se tutti avete apprezzato quella che secondo me è la perla della settimana scorsa, sia per la sostanza del fatto, che un economista definirebbe controintuitivo, sia per la forma con la quale ci è stato riportato. Per farvi apprezzare i dettagli è necessario un po' di background.



La legge della domanda e dell'offerta

Vi ricordo un principio fondamentale dell'economia: la legge della domanda e dell'offerta. Su un determinato mercato, se si presentano molti acquirenti (eccesso di domanda) il prezzo dovrebbe salire, se invece c'è scarsità di acquirenti (eccesso di offerta, cioè difetto di domanda) il prezzo dovrebbe scendere. Sì, lo so, mi dite che sono tecnico: ma vi ho detto che non parlo a tutti. Parlo solo a quelli che preferiscono comprare una spigola a 12 euro al chilo presentandosi sabato alle 13 (quando il mercato sta per chiudere e il pescivendolo "ta 'a tira dietro", come dicono a Roma), anziché pagarla 20 euro al chilo presentandosi venerdì alle 10 (quando la pressione della domanda è forte e c'è ancora un giorno e mezzo davanti). O, poi se ne hai proprio voglia la paghi anche 40 euro al chilo, per carità, sono fatti tuoi. Ma mi avete capito, no?

Bene. Ora, quello che vale per le spigole, dovrebbe valere anche per le tele di Teomondo Scrofalo, e anche per i titoli di Stato: se c'è molta domanda, il prezzo sale, se c'è poca domanda il prezzo scende.

Prezzo e tasso di interesse di un titolo

Attenzione però, perché qui c'è una cosa che forse non sapete, una cosa effettivamente un po' tecnica, ma che si capisce subito. Fra il prezzo di un titolo e il tasso di interesse esiste una relazione inversa: se uno cresce, l'altro cala. Perché?

Acquistare un titolo significa sostanzialmente acquistare il diritto di ricevere un certo reddito per un certo periodo di tempo. Nel '700, ad esempio, era abbastanza usuale investire in rendite vitalizie (pensate a Voltaire, citato in Crisi finanziaria e governo dell'economia). Se il tasso di interesse era, poniamo, del 10%, acquistando 100 talleri di rendita ti garantivi il diritto di ricevere 10 talleri di interessi all'anno (il 10% di 100) vita natural durante. Semplice, no?

Bene.

Ma se il tasso di interesse, poniamo, scendeva al 5%? Be', le cose ovviamente cambiavano, nel senso che se volevi acquistare il diritto di ricevere 10 talleri all'anno a vita, dovevi investire non più 100, ma 200 talleri (sì, perché 200x0.05=10, come 100x0.1). Quindi? Quindi se il tasso di interesse si dimezza, il prezzo del titolo (il prezzo della "rendita", si sarebbe detto) si raddoppia. E viceversa, se il tasso di interesse raddoppia (passando al 20%), allora per acquistare il diritto di ricevere 10 talleri all'anno a vita basta investire 50 talleri (cioè il prezzo della rendita si dimezza).

La relazione, come vedete, è molto semplice, ma solo perché stiamo supponendo che l'orizzonte di riferimento sia infinito: a vita. Sì, lo so, poi si muore, però siccome preferiamo non pensarci, il calcolo viene fatto supponendo che la rendita sia perpetua. Se invece il titolo deve essere rimborsato, magari fra 10, o 30, o 3 anni, la relazione diventa più complicata, ma sempre inversa: se il prezzo del titolo aumenta, il tasso di interesse diminuisce, e viceversa.

Ce l'avete fatta? Dai, su... Guardate che non c'è scelta: o capite questo, o dopo Monti vi beccate Passera, che è già lì che scalda i motori...

Bene: spero che questa orrenda minaccia vi abbia motivato a rileggere, qualora non fosse stato chiaro. Altrimenti, petite et dabitur vobis.

Aste alemanne

E allora veniamo al punto. Il mese scorso ci sono state due aste: una di Bund (i titoli di Stato tedeschi), e una di Btp. Cominciamo dalla prima. Ne parla, ad esempio, il Sole 24 Ore del 26 aprile, il quale serenamente ci riporta che una quota consistente di titoli è andata invenduta, e parla di fiasco. In termini economici, significa che sono stati offerti più titoli di quanti il mercato ne desiderasse, cioè che il loro prezzo era troppo alto, cioè il loro tasso di interesse troppo basso. E infatti il giornalista economico ci dice "non si sono trovati ulteriori investitori disposti ad accettare un tasso del 2,41%" (cioè il tasso era basso, ovvero il prezzo era alto).

Dobbiamo preoccuparci, noi che da tempo abbiamo parlato dei Bund come di una potenziale bolla (cioè di un bene il cui prezzo è spinto in altro solo dalla domanda di chi ritiene che esso continuerà a crescere)? No, ci tranquillizza il giornalista: i Bund sono ancora un bene rifugio (cioè: comprateli: oh, lo dice lui, non io, sia chiaro!). Infatti non ci sono problemi: "Nulla di grave", il loro tasso può restare basso, cioè il loro prezzo alto, "visto che i 595 milioni restanti sono stati assorbiti dalla Bundesbank, che sceglierà il momento più propizio per riproporli sul mercato secondario".

Quindi il giornalista serenamente ammette, per tranquillizzarci, che alla Banca centrale tedesca è permesso di intervenire alle aste per calmierare i tassi, allo duplice scopo di non aggravare il bilancio del governo tedesco col peso degli interessi, e di drogare al rialzo (alimentando la bolla) il prezzo dei titoli.

Omne tulit punctum, qui miscuit utile dulci.

E te lo dice così, sereno, pacioso, il giornalista del padrone...

Sintesi: c'è un eccesso di offerta, ma il prezzo non scende (il tasso non sale), come dovrebbe fare in un qualsiasi mercato del pesce, perché la Banca centrale tedesca opera in violazione dei trattati europei che sanciscono il "divorzio", cioè il divieto alle Banche centrali nazionali di intervenire alle aste. Ne avevamo parlato. Sembrava scandaloso. Ormai siamo talmente bolliti, che perfino la voce del padrone ce lo dice in faccia, e noi ce ne stiamo al calduccio nella nostra pentola...

Aste mediterranee

Ma mica finisce qui. Sentite quest'altra. Titola l'Avvenire del 12 aprile: Btp salgono i rendimenti. Ti viene da pensare: se salgono i tassi, sono scesi i prezzi, significa che c'era eccesso di offerta, cioè, come dicono a Roma, "'sti Btp si 'i so' dati 'n faccia". Povera Italia, pensi tu! Poi leggi, e ti accorgi di un altro fondamentale del pensiero romano: "er peggio nun è mai morto!". Sì, perché l'articolo ti dice papale papale (del resto, è l'Avvenire) che i tassi sono schizzati al 3.89% rispetto al 2.76% dell'asta precedente, ma la domanda è stata buona, "con oltre 4,1 miliardi di euro a fronte di 2,88 miliardi di euro assegnati."

Dica!? Cioè? Il mercato è in eccesso di domanda... ma i prezzi calano (i tassi crescono)?

E senti si cche tte dice er pesciarolo Grilli: "I risultati dell'asta dei Btp di oggi 'sono nelle aspettative. Abbiamo avuto una forte domanda. I tassi devono rispondere alle condizioni di mercato attuali'. A osservarlo, a margine della presentazione a Palazzo Mezzanotte del progetto 'Elite', il viceministro dell'economia Vittorio Grilli, che spiega: 'Abbiamo fatto la scelta di non prendere tutta la domanda che c'era, perchè in questo momento non abbiamo questa urgenza di fare funding a Tassi che non siano secondo noi quelli giusti e rilevanti'". Ah...

E la legge della domanda e dell'offerta? Abrogata pure lei, come l'art. 18.

Be', almeno ne abbiamo imparata un'altra: "fare funding". Io ve l'ho detto fin dall'inizio che questo non è un governo italiano...

Mo' i probblemi so ddue: primo, ma 'ndo starebbe 'sto mercato? Siconno: ma quann'è che ce vennono le aragoste? No, perché se più ne domandiamo, e meno le paghiamo, guarda, Grilli, che io ci vengo... Basta che sso' fresche, però, perché si mme ne dai 'na carettata a ddu' euri, io poi le devo da congela'...

Sintesi

A quanto pare, dalle Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno (direi soprattutto sul Reno), puoi andare girando per l'Europa e i suoi immediati dintorni senza trovare nemmeno un'asta che funzioni: o c'è eccesso di offerta e il prezzo non scende (il tasso non sale), o c'è sufficiente domanda, e il prezzo non sale (il tasso non scende).

Ma come sempre, un minimo comune multiplo c'è. E qual è? Che quando il mercato non funziona, stranamente lo fa sempre a danno nostro. Perché ovviamente se il tasso sui Bund fosse salito, o almeno quello sui Btp sceso, il famoso spread si sarebbe ridotto.

C'è sicuramente qualcosa che non ho capito, sapete, io sono un "economista". Se trovate qualcuno che ve la spiega, gli sputate in faccia da parte mia?

Nessun commento:

Posta un commento